Medici, dedicati e benefattori
Il personale infermieristico e ausiliario: dedicati e dedicati
Il personale addetto alla cura degli infermi è costituito da dedicati e dedicate, da persone cioè che rinunciando al secolo e ai propri beni rimangono tutta la vita in ospedale al servizio dei malati. Accanto ad essi operano altri servitores tutti subordinati all’infirmarius generalis che ha il compito di segnare, al momento del ricovero, su un appositi registro, le generalità del ricoverato, la provenienza, a volte la professione, i beni che il degente ha consegnato al momento dell’accettazione, le date di ricovero e di dimissione o dell’eventuale decesso.
Particolare la cerimonia della dedicatio, così come viene descritta negli statuti: dopo aver risposto affermativamente alla domanda del vicemistro circa la volontà di vivere secondo le costituzioni dell’ospedale, l’aspirante in ginocchio, indossa l’abito e intona il Veni creator spiritus; inginocchiatosi davanti al ministro pronuncia la formula della dedicazione: “Io per amore di Gesù Cristo offro me stesso in obsequium degli infermi, secondo gli statuti”. Il ministro quindi lo asperge con acqua benedetta e rialzandolo gli dà il segno della pace”.
I medici
Nei primi anni di attività operava all’interno dell’ospedale un solo medico al quale se ne sono aggiunti via via altri fino a raggiungere a metà del secolo XVI il numero di cinque. Tra loro, al di là di qualche contrasto, esistevano buoni rapporti. Precise norme ne regolamentavano il servizio. Si ricorda l’obbligo di: non assentarsi da Pavia se prima non hanno provveduto a farsi sostituire; risiedere all’interno dell’ospedale; prestare un servizio efficiente, consultarsi sui casi più gravi e complessi.
Tutto il personale medico e paramedico è sottoposto a un rigoroso e puntuale controllo da arte degli amministratori che intervengono a correggere comportamenti scorretti con sanzioni di diversa natura, fino ad arrivare al licenziamento.
E’ su questa strada che il San Matteo, pur tra difficoltà ed ostacoli, si avvia ad abbandonare la fisionomia del medievale “albergo dei poveri” per diventare dopo gli sviluppi settecenteschi, la moderna “fabbrica della salute”.
I benefattori
Lunga è la serie dei benefattori che nel corso dei secoli hanno inteso beneficare l’ospedale attraverso disposizioni testamentarie o donazioni fatte in vita. Il valore economico di tali atti di liberalità può variare notevolmente: si va da piccole cose a estese proprietà fondiarie come quella di 11 mila pertiche a Borgo San Siro lasciata nel 1471 al San Matteo da Agostino Beccarla. Tra essi non poche sono le donne, tra cui spicca Zaccarina Lonati, moglie dello stesso Beccaria. In tempi più recenti è attestata, soprattutto tra i medici dell’Ospedale, la sollecitudine per il buon funzionamento dell’ente: molti i casi di beneficenza mirata per aiutare la ricerca medico-scientifica connessa alla cura ei malati. Nomi illustri di benefattori si annoverano anche tra gli imprenditori pavesi: ci citano Angelo Campiglio che finanziò l’avvio della Radiologia e Vittorio Necchi che donò al San Matteo una vastissima proprietà fondiaria.
Il ricordo dei donatori veniva perpetuato in varie forme. Nel solo XIX “per animare i fedeli a spargere la loro beneficenza verso l’ospedale” l’Amministrazione ospedaliera faceva celebrare ogni anno in San Francesco un ufficio anniversario in suffragio dei benefattori defunti “onde ravvivare la memoria delle loro elargizioni”. La cerimonia si è persa nei secoli. Ma potrebbe essere oggi rinnovata, aggiornata nella forme e ripristinata per affermare la valenza altamente sociale e filantropica delle donazioni che, seppure in misura numericamente minore rispetto a un glorioso passato, nobilitano anche ai nostri tempi la storia del San Matteo.
(Autrice: prof.ssa Renata Crotti, Università degli Studi di Pavia)